Sanificazione auto: i consigli di come tenere pulita e igienizzare la tua automobile

L’automobile è un mezzo di trasporto indispensabile per la mobilità privata.
Nel corso della giornata è uno degli ambienti più frequentati, passiamo ore e ore al volante e portiamo all’interno del nostro abitacolo batteri, germi e rifiuti provenienti dal mondo esterno, aumentando il rischio di contrarre raffreddori, influenze o altre malattie.
Avere un veicolo pulito e ben tenuto non è solo una questione di igiene, ma anche di sicurezza.
Ecco perché è estremamente importante mantenere una buona pulizia nel veicolo, soprattutto se si hanno dei bambini è importante effettuare periodicamente una igienizzazione abitacolo auto.
Come si può igienizzare al meglio l’abitacolo dell’auto?
L’auto è composta da superfici differenti che richiedono una diversa sanificazione e occorre essere scrupolosi nella scelta dei prodotti da utilizzare.
Per avere un veicolo privato igienizzato, bisogna cominciare dall’ordine ed avere delle accortezze: evitare di accumulare oggetti da cestinare e pulire l’auto almeno una volta a settimana, partendo dall’esterno fino all’interno.
Continua a leggere per scoprire quali sono i nostri consigli per igienizzare e sanificare al meglio la tua auto e renderla un posto sicuro per te e la tua famiglia.

Sanificazione abitacolo auto: Come fare

Sanificare gli interni della propria auto vuol dire anche eliminare i pollini e allergeni che si depositano sopra e dentro di essa, diminuendo il rischio di allergie.
Il Ministero della Salute raccomanda di utilizzare prodotti a base di alcol efficaci contro virus e batteri, ma che non sono aggressivi con i rivestimenti dell’auto come candeggina e amuchina.
Qual è il procedimento corretto per sanificare l’auto?

  1. Pulire a fondo la macchina, magari lasciando che se ne occupi un autolavaggio
  2. Igienizzare aria condizionata e gli interni con prodotti appositi. In commercio esistono diverse tipologie di prodotti adatte a questo scopo, dalle bombolette a creme da strofinare con un panno;
  3. Sanificare con l’ozono, indispensabile per eliminare qualsiasi tipologia di virus e battere che ha resistito alla pulizia normale.

1. Pulire a fondo la macchina

Prima di tutto, accertarsi che il motore sia spento, freddo e che abbiate inserito il freno a mano.
Possiamo proseguire con la pulizia a fondo dell’auto: lavare la tappezzeria e rimuovere gli oggetti ingombranti per lavarli più comodamente.
Se all’interno del veicolo sono presenti macchie o sporcizia, si può usare una piccola quantità di sapone o detergente mescolato con acqua calda per rimuoverle.
Pulire la superficie a fondo con una spazzola a setole morbide o uno spazzolino da denti fino a rimuovere tutte le macchie. Se ci sono altre impurità ostinate, si può usare una spazzola a setole rigide per strofinare più a fondo.
Se anche dopo aver strofinato con una spazzola rigida le macchie dovessero persistere l’unica soluzione è di utilizzare uno strumento a vapore.
Per eliminare il polline e gli insetti che possono essere finiti sui finestrini dell’auto (e che ora vi sono rimasti attaccati), utilizzate un detergente per vetri su un panno morbido per eliminare eventuali macchie o striature.
Probabilmente serviranno più passate nel caso in cui il parabrezza fosse particolarmente sporco, non desistete.

2. Igienizzare aria condizionata e gli interni dell’auto

La sanificazione dell’aria condizionata è fondamentale per garantire un ambiente sano e pulito. Gli impianti di climatizzazione sono un elemento necessario per mantenere un ambiente non contaminato dai batteri, quindi è importante sapere come pulire correttamente il proprio impianto.
Cosa succede se non pulisco l’aria condizionata in macchina?
Gli effetti collaterali di un impianto di aria condizionata sporco sono due:

  • il primo effetto collaterale causato da un impianto sporco, si avverte non appena si accende l’aria: è il cattivo odore. Dovuto dall’accumulo di polvere, sporcizia e possibile formazione di muffa;
  • il secondo è la possibilità (se non certezza) di contrarre malattie come bronchiti, mal di gola, dolori addominali, lombalgie, raffreddori e altre infezioni causate da diverse tipologie di batteri depositati all’interno del condotto.

Sanificare l’aria condizionata è una pratica necessaria, da non sottovalutare. In commercio esistono detergenti chimici, l’uso di alte temperature o l’utilizzo di bombole con dispositivi medico chirurgici autorizzati dal Ministero della Salute.
Per sanificare gli interni dell’auto è necessario utilizzare ancora una volta una spazzola per tappezzeria per rimuovere eventuali detriti dal veicolo.
Va notato che alcuni tipi di tessuto richiedono una cura particolare per la loro pulizia, in quanto possono essere danneggiati nel tempo da sostanze chimiche aggressive se non vengono curati adeguatamente utilizzando prodotti specifici.
Dopo aver aspirato polvere e altri microrganismi dall’interno, si può procedere al resto della pulizia.
I prodotti a base di alcol ed etanolo sono ideali per igienizzare efficacemente gli interni.
Da utilizzare con attenzione e la giusta cautela, perché si tratta di materiali chimici che possono creare effetti collaterali se inalati o a contatto con gli occhi.

3. Sanificare con l’ozono

L’ozono è la tecnica più efficace per igienizzare e sanificare gli interni dell’ auto, riconosciuta dal Ministero della Salute.
È un metodo relativamente recente in grado di eliminare diversi agenti patogeni, tra cui batteri, virus, acari, muffe e funghi che si depositano nei condotti interni dell’auto e si propagano nell’abitacolo attraverso l’aria condizionata.
L’ozono è un gas di origine naturale, ma attenzione perché ha un odore pungente e pericoloso se inalato, che agisce direttamente nell’aria senza aver bisogno di utilizzare agenti chimici.
La sanificazione dell’ozono avviene attraverso un macchinario, viene somministrato nella presa d’aria delle automobili attraverso un sistema di pompe d’aria.
Il gas entra velocemente nell’impianto di ventilazione trasformando l’ossigeno in ozono e reagisce con i contaminanti presenti nell’aria per eliminarli dall’auto.
Quanto tempo occorre per sanificare l’auto con l’ozono?
Il tempo per igienizzare l’automobile con l’ozono varia dai 10 ai 30 minuti, dipende dalle dimensioni dell’auto. É un trattamento consigliato soprattutto per i soggetti allergici e per chi viaggia spesso con animali domestici.
Igienizzare con l’ozono è utile anche per eliminare i cattivi odori sia dovuti ai microrganismi che si depositano nell’impianto di aria condizionata che quelli causati dal fumo di sigaretta e dallo smog.
Oltre al sistema di ventilazione, l’ozono è utilizzato anche per sanificare elementi sensibili all’interno e all’esterno dell’auto come: lo specchietto retrovisore, il cambio e il freno a mano; le maniglie, le portiere e il bagagliaio.

Sanismart: la tua sanificazione professionale

Si può igienizzare e sanificare la macchina con soli metodi fai da te?
Pulire l’automobile aspirando la polvere e lavando con l’alcol sono solo azioni palliative. Per sanificare a fondo la propria auto è necessario utilizzare alcuni trattamenti fondamentali e indispensabili per la nostra salute, non sempre sicuri se effettuati da soli a casa.
Ad esempio utilizzare l’ozono nel fai da te. L’ozono è un gas blu, seppur non è chimico è pericoloso in quanto è aggressivo se viene a contatto con pelle e mucose, può provocare danni al tessuto polmonare o forti irritazioni e infiammazione.
Per questo è importante rivolgersi a dei professionisti della sanificazione.
Sanismart ti consiglia di effettuare una sanificazione professionale ogni 3 – 6 mesi, in base alle dimensioni dell’auto e all’uso che ne fai. Se hai figli, animali domestici o sei un soggetto allergico occorre sanificare e igienizzare in maniera professionale il tuo abitacolo ogni 3 mesi.
Il nostro personale qualificato sanifica e igienizza tutti i tipi di auto, si prenderà cura di ogni centimetro del tuo veicolo dall’interno all’esterno e lo renderà un luogo sicuro per te e i tuoi passeggeri.
Occorre precisare che la sanificazione professionale con l’ozono non sostituisce la pulizia dell’auto, resta comunque opportuno pulire almeno una volta a settimana il veicolo con l’aspirapolvere, con il panno in microfibra e con detergenti per igienizzare l’esterno.
Per igienizzare la tua auto affidati a Sanismart, forniamo servizi di pulizia professionali sicuri e di qualità.

Come garantire la biosicurezza di un ambulatorio o di un laboratorio di analisi

Nei laboratori di analisi o negli ambulatori medici è necessario che vi sia una scrupolosa pulizia per garantire l’efficacia dello svolgimento del lavoro e della salute degli operatori che vi lavorano.
Cosa significa biosicurezza e cosa vuol dire garantirne l’efficienza?
La biosicurezza è un insieme di misure che possono essere applicate per prevenire l’introduzione, o limitare la diffusione quando presente, di agenti patogeni, microrganismi che provocano allergie e intossicazioni, tra cui batteri, virus, funghi e parassiti, e infezioni in una popolazione non infetta.
L’obiettivo principale della biosicurezza è ridurre il rischio di trasmissione di malattie da persone infette da organismi infettivi ad altre persone attraverso le vie respiratorie, tramite alimentari, o attraverso il contatto diretto con suolo, acqua e vegetazione contaminati.
La biosicurezza è definita come “la gestione e l’applicazione sistematica di metodi, pratiche e procedure per prevenire la trasmissione di malattie da parte di prodotti biologici in commercio”.
Secondo l’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, gli agenti patogeni sono classificati in quattro gruppi di rischio. Per identificare le misure di protezione si usano i livelli di biosicurezza.
Continua a leggere per conoscere quali sono le tipologie di agenti patogeni e come si differenziano i livelli di biosicurezza.

I gruppi di rischio

In base al rischio di infezione e alla tipologia di trasmissione che può essere individuale o collettiva, gli agenti patogeni si suddividono in quattro gruppi di rischio.
Vengono classificati in base a quattro fattori:

  • Infettività, ovvero la capacità di penetrare e colonizzare un certo batterio.
  • Patogenicità, la capacità di indurre alla malattia dopo aver penetrato un organismo.
  • Trasmissione e spettro d’ospite, la probabilità che l’agente biologico possa essere trasmesso agli individui attraverso il sangue oppure altri vettori.
  • Neutralizzabilità, per questi agenti sono disponibili delle misure preventive come vaccini, pratiche per igienizzare acqua e cibi oppure dopo l’infezione c’è la possibilità di assumere antibiotici in grado di eliminare l’infezione.

In base a questa classificazione, i gruppi di rischio sono suddivisi in:

  • Gruppo di rischio 1: nessun rischio o basso rischio individuale e collettivo. Di questa categoria fanno parte i batteri che causano infezioni non gravi come il batterio Escherichia Coli, che provoca cistiti e prostatiti.
  • Gruppo di rischio 2: moderato rischio individuale, basso rischio collettivo.
    In questo caso la diffusione è limitata, ma potenzialmente può causare malattie come HIV e il virus del morbillo.
  • Gruppo di rischio 3: elevato rischio individuale, basso rischio collettivo. In questo gruppo fanno parte tutti quei virus oppure batteri che causano gravi malattie nella singola persona e che possono moderatamente diffondersi all’interno della comunità. Per questi patogeni ci sono delle misure preventive, come ad esempio i vaccini, oppure della terapia farmacologica in grado di limitare la diffusione. Si tratta in genere di una terapia ad azione antivirale, detta DAA, che genera ottimi risultati nella gran parte dei pazienti. Gli esempi più comuni sono l’epatite B e il COVID-19.
  • Gruppo di rischio 4: elevato rischio per il singolo e per l’intera collettività.
    In questa categoria ci sono tutti i virus e batteri per cui non esistono cure preventive e terapeutiche. Possono essere trasmessi sia ad uomini che animali, per via aerea o ematica. L’esempio più comune è l’ebola.

I rischi che i biologi possono contrarre in laboratorio sono da inalazione, da ingestione, di esposizione percutanea, da manipolazione di sangue.

Il rischio biologico deriva sempre dal campione che giunge al laboratorio, per tale motivo è necessario rispettare le norme di biosicurezza all’interno dei luoghi medici.

I quattro livelli di biosicurezza

I Biosafety levels (BSL), o livelli di sicurezza, sono utilizzati per identificare quali sono le misure di protezione necessarie volte a proteggere gli operatori e l’ambiente esterno da quello che avviene in un laboratorio di analisi.

Come si assegna un livello ad un laboratorio?

I parametri che determinano il livello di BSL sono molti tra cui: la tipologia degli agenti biologici che vengono lavorati, le capacità strutturali e di contenimento e di tutte le procedure che vengono applicate.

Per ottenere un ambiente medico che rispecchia le misure di protezione si sottopone a una valutazione del rischio microbiologico, in cui vengono analizzati i fattori intrinseci ed estrinseci dei microrganismi.

Tali fattori determinano i livelli di biosicurezza che si dividono in:

  • BSL-1
  • BSL-2
  • BSL-3
  • BSL-4

Livello di Biosicurezza 1 – BSL-1

Questo livello riguarda tutti i laboratori in cui vi è un minimo rischio biologico. Per tale motivo le regole che ogni laboratorio e ambulatorio di questo tipo devono applicare per proteggersi sono standard, tra cui vi è il divieto di fumare o di mangiare e tenere il registro degli incidenti.

In questo laboratorio gli operatori sono obbligati ad utilizzare guanti, divisa, camice e occhiali protettivi.

Inoltre, dal punto di vista strutturale sono richiesti i pavimenti antiscivolo, superfici di lavoro impermeabili e resistenti agli agenti chimici, tanto da resistere a contatto con gli agenti chimici disinfettanti in ogni stanza devono essere presenti dei lavandini con acqua corrente, necessari per il primo soccorso.

Livello di Biosicurezza 2 – BSL-2

I livelli di biosicurezza 2 sono presenti all’interno di laboratori che manipolano agenti biologici che possono causare delle malattie nei singoli soggetti.

Queste strutture sono soggette a delle regole, più restrittive rispetto a quelle prima citate, in quanto devono essere provviste di cappe biologiche, usate per lavorare agenti ad alto rischio, stazioni specifiche per il lavaggio di occhiali nel caso di contatto e tutti gli operatori devono avere la possibilità di accedere alle apparecchiature volte al alla decontaminazione. Al di fuori delle aree di lavoro è necessario apporre il segnale di rischio biologico.

Anche i rifiuti subiscono un iter, in quanto devono essere smaltiti attraverso delle misure protettive controllate.

Infine, è sempre necessario indossare mascherina e occhiali protettivi.

Livello di Biosicurezza 3 – BSL-3

Il livello di biosicurezza 3 è molto simile ai livello BSL-2, entrambi i laboratori si caratterizzano per gli agenti biologici trattati che possono causare delle gravi malattie nell’uomo, tra queste vi è il COVID-19.

In questo caso si aggiungono altre misure protettive. Le norme che riguardano gli operatori regolano l’uso del camice chirurgico monouso, le tute da laboratorio e la protezione respiratoria. I Dispositivi di Protezione Individuale, DPI, devono essere decontaminati prima di lasciare il laboratorio.

Dal punto di vista strutturale, la prassi riguarda la doppia porta d’ingresso, il condizionamento separato, un sistema aerazione specifico e la sterilizzazione degli indumenti e strumenti di lavoro.

Livello di Biosicurezza 4 – Laboratorio di massimo contenimento

I laboratori di massimo contenimento sono di sicuro il livello più alto e più restrittivo in materia di biosicurezza.
Il motivo? Non esistono cure di prevenzione e terapie efficaci al tal punto di curare malattie potenzialmente letali per l’uomo.
Il livello BSL- 4 si caratterizza per la presenza di operatori altamente professionali e obbligati a effettuare corsi di formazione cadenzali. Inoltre, per la manipolazione di un agente biologico del GR4, è necessaria un’autorizzazione da parte del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, su parere dell’Istituto Superiore di Sanità.
In questo laboratorio vige la regola delle due persone, ovvero nessun operatore può in alcun caso lavorare da solo.
Tutti devono indossare tute a pressione e l’ingresso nelle aree pericolose deve essere esclusivamente controllato.

Per quanto concerne la normativa a livello di struttura, sono necessarie le cappe di sicurezza dove poter contaminare qualunque cosa entra o esca dall’ambulatorio, spoiatoi in entrata e in uscita e uno scarico di alimentazione elettrica di emergenza.

I virus trattati in queste strutture sono l’ebola o il vaiolo.

Al mondo esistono 54 laboratori di livello di biosicurezza 4.

Buone pratiche da seguire nel laboratorio di analisi

Oltre alle norme appena descritte e regolarizzate dal Ministero del Lavoro, esistono delle buone pratiche da seguire quando si lavora all’interno dei laboratori di analisi o ambulatori.

Tutti gli operatori, ricercatori, chimici e biologi devono sterilizzare gli oggetti che entrano ed escono dagli ambienti medici.

È opportuno avere un luogo di lavoro pulito e organizzato per l’uso corretto di attrezzature, materiali di consumo e sostanze chimiche – evitare il riutilizzo di qualsiasi materiale. Condurre tutti gli esperimenti in un laboratorio adeguatamente ventilato, illuminato e con spazio sufficiente per i campioni di lavoro.

Secondo le buone norme personali, l’uso dei guanti, non dovrebbe limitarsi solo in alcune aree, allo stesso modo, la protezione della pelle e degli occhi con occhiali di sicurezza e maschere è necessaria in caso di esposizione a polveri o fumi derivanti da determinate sostanze.

Queste sono considerazioni importanti per la sicurezza e sono una delle condizioni per rispettare le norme e le procedure di sicurezza di biosicurezza.

Il nuovo mondo: disinfezione e tecnologia “No touch” con H2O2

Il nuovo mondo:  disinfezione e tecnologia “No touch” con H2O2

 

Covid-19: cos’è e come si diffonde 

Il Coronavirus Study (CSG) dell’International Committee on taxonomy of Viruses (ICTV) ha classificato con il nome SARS-CoV-2 il virus responsabile dei casi di COVID-19.

È stata dimostrata la trasmissione di questo virus: 1) per via diretta attraverso goccioline (droplets, particelle di diametro superiore ai 5 nanometri) emesse fino ad una distanza di 2 metri con tosse, starnuti ma anche semplicemente discutendo; 2) per via indiretta, attraverso il contatto con superfici inanimate. 

In quest’ultimo caso le particelle virali possono depositarsi sulle superfici di oggetti sottoforma di film sottile e sopravvivere per giorni. Il successivo contatto con la superficie contaminata rende infettanti le mani  che se toccano una mucosa come quella del cavo orale, del naso o degli occhi possono portare al contagio.

La maggior parte dei dati presenti in letteratura relativi alla famiglia dei coronavirus, infatti,  dimostrano che questi agenti patogeni possono rimanere attivi su diverse superfici inanimate, come metallo, vetro o plastica per un tempo compreso da 2 ore a 9 giorni in funzione della presenza o meno di fattori favorevoli, quali la temperatura dell’ambiente (20 °C) e  la percentuale di umidità relativa del 50%. 

Come avviene la contaminazione 

In microbiologia la contaminazione delle superfici può avvenire per contatto con altre superfici contaminate (oggetti, utensili, mani della persona) o per deposizione. Esiste una correlazione  tra la dispersione dei biocontaminanti in aria e la loro sedimentazione per gravità sulle superfici. I fattori in grado di influire su di essa sono: dimensione e densità delle particelle sospese nell’aria, livelli di umidità e ventilazione ambientale. È logico dedurre che maggiore sia la contaminazione dell’aria, maggiore sarà il numero di microrganismi che sedimentano per gravità sulle superfici.

Le leggi e il Covid-19

Prima dell’emergenza coronavirus SARS-CoV-2  la valutazione del rischio di esposizione  ad agenti biologici era legata alla normativa in materia di salute e sicurezza negli ambienti di lavoro. Infatti questa costituisce un preciso adempimento di legge per il datore di lavoro (d.lgs. 81/2008).

Nelle indagini ambientali, per valutare il rischio di esposizione dei lavoratori ad agenti patogeni per via inalatoria o per contatto, è obbligatorio monitorare e contenere la carica microbiologica sulle superfici per mantenere la salubrità ambientale. Infatti l’aria e le superfici di attrezzature, piani, apparecchiature, così come le mani del lavoratore, possono rappresentare importanti veicoli di contaminazione microbiologica e potenziali fonti di trasmissione di agenti infettivi.

A causa della pandemia da SARS-CoV-2, è evidente che le considerazioni relative alla salubrità di aria e delle superfici vadano necessariamente estese in larga misura. Il rischio dell’esposizione delle persone al virus si materializza in tutti gli ambienti frequentati nella quotidianità, anche non lavorativi. 

In letteratura scientifica, il rischio di contaminazione patogena delle superfici e la relativa normazione tecnica è stata affrontata, in via quasi esclusiva, per due settori: “Farmaceutico Sanitario” ed “Alimentare”. Molti lavori scientifici sono infatti incentrati sul settore ospedaliero, dove la problematica della contaminazione microbiologica delle superfici e delle attrezzature è stata negli anni particolarmente sentita.

Lo scenario odierno rende impossibile limitare queste considerazioni a  settori specifici. Alcuni lavori scientifici, prima dell’avvento del Covid 19, dimostrano infatti che la contaminazione microbiologica delle superfici non può essere trascurata ad esempio in ambienti indoor.

Qualche dato alla mano

Reynolds et al.  hanno valutato la carica batterica totale in 200 campioni prelevati da superfici di negozi, asili nido, uffici, palestre, ristoranti ed attrezzature da gioco per bambini, ecc. Il 93% dei campioni è risultato contaminato, in alcuni casi con concentrazione batteriche e virali molto alte (lo studio: https://www.crestclean.co.nz/wp-content/uploads/2015/11/Gerba_Seattle_School_Study_SAGE-09.pdf).

In un altro studio, Elsergany et al.  hanno trovato che, su un totale di 224 campioni prelevati da  superfici  di 4 diversi centri commerciali  negli emirati arabi, l’80% di essi mostrava cariche batteriche totali con valori da 500 a 1500 UFC/cm² (unità formati colonie per centimetro quadro). (lo studio: http://www.jenvoh.com/fulltext/62-1430664686.pdf?1595343896)

Infine Shaughnessy et al. hanno raccolto 6480 campioni da superfici diverse (banchi, porte , tavoli mensa, e lavelli dei bagni) di 27 scuole elementari degli Stati Uniti  e misurato i livelli di contaminazione microbiologica prima e dopo le operazioni di disinfezione, proponendo un approccio standardizzato per la valutazione degli interventi di sanificazione e per individuare un intervallo di accettabilità dei livelli di carica microbiologica negli ambienti scolastici (lo studio: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7196692/).

In definitiva, in letteratura emerge chiaramente quanto il problema della contaminazione delle superfici in ambienti, lavorativi e non, sia confermato da risultati dei monitoraggi microbiologici effettuati. 

Inoltre dai risultati si evince che le misure da attuare per la prevenzione e il controllo della contaminazione debbano necessariamente prevedere la sanificazione  e la valutazione dell’efficacia degli interventi di disinfezione condotte sulle superfici.

La soluzione: un’accurata disinfezione degli ambienti

Queste considerazioni, insieme all’estesa presenza del coronavirus, rende indispensabile l’applicazione di severi protocolli per abbattere al massimo i rischi di contagio in qualsiasi ambiente.

La disinfezione diventa una componente fondamentale per il contenimento delle infezioni, e l’efficacia dei protocolli e delle linee guida applicate deve essere certificata e validata. 

Inoltre, è importante che la loro applicazione si basi su evidenze scientifiche quantitative:  percentuale di riduzione della carica microbica; appartenenza alle soglie di valori nelle classi di accumulo microbico (Pitzurra et al). 

Diventa dunque fondamentale individuare ed applicare il protocollo di sanificazione più efficace per  mantenere la carica microbica residua (dopo la disinfezione) a livelli di soglia non significativi.

Metodo di disinfezione “No touch”

La legge n. 82 del 25 gennaio 1994, il d.m. n. 274 del 7 luglio 1997 ed infine il d.l. n. 7 del 31 gennaio 2007 regolamentano, in Italia, la disciplina delle attività di pulizia, di disinfezione e di sanificazione e i requisiti delle imprese che effettuano tali servizi fornendone anche le definizioni:

 

  • Pulizia: complesso di procedimenti e operazioni atti a rimuovere polveri, materiale non desiderato o sporcizia da superfici, oggetti, ambienti confinati e aree di pertinenza; 
  • Disinfezione: complesso dei procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti confinati e aree di pertinenza mediante la distruzione o inattivazione di microrganismi patogeni.

 

1 il nuovo RIVISTO Documenti Google Sanismart Società specializzata in consulenza strategica per programmi di sanificazione, disinfezione e fornitura di dispositivi di protezione personale.

 

I metodi tradizionali di disinfezione delle superfici si basano, in larga misura, sull’affidabilità degli operatori per quanto riguarda l’impiego del disinfettante e l’uniformità di distribuzione su tutte le superfici per il necessario “tempo di contatto”. Quest’ultimo è il tempo necessario affinché il disinfettante esplichi la sua azione biocida.

I vantaggi della tecnologia “No touch”

La tecnologia di disinfezione “no touch” è stata sviluppata per abbattere il cosiddetto rischio operatore, cioè quanto l’esperienza, l’applicazione e la qualità del lavoratore incidono sull’efficacia del trattamento e per raggiungere superfici inaccessibili ai metodi di disinfezione manuale.

Questo metodo consente di atomizzare nell’ambiente destinato al trattamento il prodotto disinfettante, che si diffonde uniformemente su ogni cm di superficie libera presente nell’ambiente e per ogni volume d’aria. 

Le dimensioni estremamente ridotte delle particelle immesse in aria rendono molto più elevata la superficie attiva del disinfettante, riducendo in questo modo i tempi di contatto e la concentrazione dell’elemento attivo in soluzione necessaria al livello di abbattimento delle cariche microbiologiche desiderato. Infatti, più sono piccole le particelle di soluzione disinfettante immesse nell’ambiente, maggiore sarà l’interfaccia di queste ultime con le superfici da trattare e  più alto sarà il grado di abbattimento microbiologico. 

Lavorando per saturazione ambientale il prodotto disinfetta qualsiasi superficie esposta nell’ambiente.

La strumentazione, completamente automatizzata e governata da un software, permette di impostare diversi livelli di intensità di emissione del disinfettante in relazione alla metratura cubica dell’ambiente. In questo modo si riescono a modulare i tempi di processo in funzione delle esigenze della struttura, fino ad arrivare ad un tempo di disinfezione di pochi minuti.

L’efficacia di questa tecnologia è legata alla tipologia di agente disinfettante che viene utilizzato e per effettuare una disinfezione di alto livello è importante che venga nebulizzato il prodotto idoneo.

Perossido d’idrogeno e composti dell’argento 

Molti studi in letteratura, di cui si riportano le fonti in bibliografia, hanno dimostrato l’efficacia di soluzioni disinfettanti a base di perossido di Idrogeno per la distruzione batterica e l’inattivazione virale.

Cos’è e come funziona il perossido d’idrogeno

Il Perossido di idrogeno (H2O2) è considerato un forte biocida ed è ampiamente utilizzato per la disinfezione e l’antisepsi. 

È un liquido chiaro, incolore, commercialmente disponibile in una varietà di concentrazioni che variano dal 3 al 90%. È stato scientificamente dimostrato che H2O2 ha un largo spettro di efficacia contro virus, batteri e spore batteriche. 

Inoltre, se opportunamente catalizzato, genera radicali ossidrili OH che per la loro  estrema reattività verso le biomolecole lo rendono la specie reattiva dell’ossigeno in grado di generare i maggiori danni nelle macromolecole cellulari: proteine, acidi nucleici del DNA, e soprattutto acidi grassi polinsaturi caratteristici dei fosfolipidi di membrana. Ezra Linley et al. hanno analizzato tutti i meccanismi di interazione del perossido di idrogeno e le componenti cellulari di biocontaminanti dimostrandone l’effettiva efficacia come disinfettante di alto livello.

La rapida decomposizione dei radicali OH in acqua ed ossigeno rende il composto non tossico e non cancerogeno, innocuo verso le persone e non nocivo per l’ambiente.

L’aggiunta di un sale dell’argento nella soluzione disinfettante nebulizzata aumenta significativamente la capacità battericida e virucida del sistema, come confermato dagli studi effettuati da M.B.Pisano et al

(lo studio: https://www.worldscientific.com/doi/abs/10.1142/9789814354868_0009). 

Gli ioni Ag+ che si liberano durante il processo di disinfezione catalizzano le reazioni dei radicali ossidrili aumentandone in maniera rilevante il potere biocida. L’azione antimicrobica dei prodotti all’argento è dovuta all’azione inibitoria degli ioni argento, sulla respirazione e su altre funzioni cellulari. 

L’argento ed i radicali liberi a base di argento causano un’alterazione del trasporto elettrolitico, inattivazione del DNA batterico e virale, danni alla membrana cellulare e si legano alle proteine.

La funzione disinfettante, battericida, virucida  del perossido di idrogeno  e degli ioni argento  è entrata di fatto nella pratica clinica e sanitaria, e questi agenti sono già ampiamente utilizzati da soli o in combinazione.  

Disinfezione “No touch” con perossido d’idrogeno e composti d’argento

Come funziona? 

Con la tecnologia di disinfezione “no touch”, lo strumento produce quindi un enorme numero di particelle con dimensioni comprese tra 0.3 e 0.5 µm, all’interno delle quali avviene una doppia trasformazione: l’evaporazione del solvente (acqua) e la dissociazione del perossido di idrogeno e dei complessi di argento, in ioni e radicali altamente ossidanti. 

La “nebbia secca”  generata è compatibile con qualsiasi materiale, scagionando eventuali problemi di corrosione, e che, non lasciando residui, fa in modo che la superficie resti asciutta ed inalterata. 

È un trattamento assolutamente non invasivo perché, grazie alle proprietà biodegradabili del prodotto, non è necessario rimuovere nulla dagli ambienti da trattare: apparecchiature elettriche ed elettroniche o oggetti di qualsiasi natura vengono decontaminati senza alcun rischio o danno. Viceversa, durante il trattamento possono essere introdotti eventuali oggetti e/o macchinari in modo da ottenere la disinfezione anche di quest’ultimi. 

A cosa serve?

Un’ampia documentazione scientifica dimostra che il sistema è efficace su batteri, Spore, Virus, Muffe, Funghi e Biofilm, con una percentuale di abbattimento della carica microbica del 99,9%. 

Questa tecnologia rappresenta quindi una valida scelta per sanificare e disinfettare in modo intenso ogni ambiente sanitario, ma anche locali pubblici ed uffici privati, senza la necessità di spostare oggetti all’interno degli ambienti destinati al trattamento. 

Il risultato è un approccio alla disinfezione degli ambienti con un impatto sulle vite personali e lavorative di tutti gli attori coinvolti poco invasivo ma molto efficace, soprattutto se paragonato ai tradizionali metodi ed ai disinfettanti a basso costo utilizzati per la sanificazione. 

Gli ambienti in cui può essere applicata 

 

Questa tecnologia è stata studiata per rispondere a un enorme ventaglio di applicazioni: grandi industrie, aziende del settore medico sanitario, ambulatori, alberghi, locali pubblici, palestre e tutti i luoghi che necessitino di una disinfezione di alto livello periodica alla luce degli avvenimenti legati alla diffusione del coronavirus.

 

  • Ambulatori medici e studi medici professionali: sono per loro natura luoghi particolarmente esposti al rischio di infezione: pazienti, medici, personale sanitario e di servizio sono, infatti, potenziali veicoli di virus e batteri e allo stesso tempo soggetti sottoposti al pericolo di contagio. 
  • Laboratori di analisi: sono una categoria di ambienti in cui la pulizia e la disinfezione sono fattori di estrema importanza. La manipolazione di microrganismi patogeni e di materiali infetti o potenzialmente contaminati comporta, infatti, un altissimo rischio di infezione e contagio, che rappresenta sempre una minaccia per l’operatore sanitario, sia esso un medico o un addetto al laboratorio di analisi.
  • Case di riposo: sono ambienti in cui si sviluppano e trasmettono con facilità malattie, infezioni e allergie a causa della condivisione degli spazi e dell’elevato numero di persone che vi soggiorna e che vi accede quotidianamente per lavoro. 
  • Alberghi e strutture ricettive: è importante garantire in questi ambienti delle condizioni igienico-sanitarie eccellenti, a tutela della salute degli ospiti e del personale di servizio. La sanificazione degli ambienti alberghieri come aree operative, spazi comuni e camere per gli ospiti, permette di riservare un trattamento più sicuro ai propri clienti. 
  • Ambienti di ristorazione professionale: è importante assicurare la massima salubrità degli ambienti, siano essi spazi comuni o zone operative. La sanificazione  di ambienti e superfici è un trattamento che protegge il personale di servizio nel lavoro quotidiano e tutela la salute dei clienti.
  • Locali pubblici: in generale, la periodica disinfezione da agenti patogeni rappresenta, quando adeguatamente comunicata, un importante fattore competitivo: il pubblico sarà invogliato a frequentarli rispetto a locali concorrenti in cui persista il timore di contrarre patologie aereo trasmesse, dalla banale influenza ad altre malattie ben più gravi, come il Covid 19.
  • Locali privati come ad esempio uffici o studi di professionisti: la disinfezione con tecnologia “no touch” avrà il significativo effetto di contrastare la diffusione all’interno dell’azienda di potenziali agenti patogeni abbattendo il rischio di ammalarsi per titolari e collaboratori.

 

È  quindi chiaro che, allo stato attuale dei fatti, la disinfezione attraverso con perossido d’idrogeno e sistema “no touch” costituisca una delle soluzioni più efficaci e sicure per affrontare l’emergenza Covid-19. 

I nostri tecnici specializzati effettuano la disinfezione riuscendo a conciliare tempi brevi e risultati, senza permettere che nessun tipo di ambiente costituisca per loro un ostacolo. 

Se hai bisogno di una disinfezione nel tuo ambiente lavorativo, contattaci e organizzeremo un incontro per valutare il tuo caso. 

 

Riferimenti bibliografici 

 

Gorbalenya A. E. et al. Severe acute respiratory syndrome-related coronavirus.The species and its viruses – a statement of the Coronavirus Study Group. bioRxiv preprint 

 

Kampf G. et al., Persistence of coronavirus on inanimate surfaces and their inactivation with biocidal agents, Springer Journal of Hospital Infection 104 (2020)

 

van Doremalen N. et al. – Aerosol and surface stability of SARS-CoV-2 compared to SARS-CoV-1; New England Journal of Medicine, 2020

 

Reynolds K. A., Watt P. M., Boone S. A., Gerba C. P., 2005. Occurrence of bacteria and biochemical markers on public surfaces. Int. J. Environ. Health Res., 15 : 225-34

 

Elsergany M., Moussa M., Ahsan A., Khalfan A., Eissa A., 2015. Exploratory Study of Bacterial Contamination of Different Surfaces in Four Shopping Malls in Sharjah, UAE. J. Environ. Occup. Sci., 4(2): 101-105

 

Richard J. Shaughnessy, Eugene C. Cole, Demetrios Moschandreas & Ulla Haverinen-Shaughnessy  ATP as a Marker for Surface Contamination of Biological Origin in Schools and as a Potential Approach to the Measurement of Cleaning Effectivenes. Journal of occupational and environmental Igiene. Vol 0, 2013

 

  1. B. Pisano, M. E. Fadda V. Altana, M. Mura, Evaluation of Biocidal activity of EVOLYSE, a Disinfectant based on Hydrogen Peroxide and Silver Nitrate (ICAR 2010 – International Conference on Antimicrobial Research). Department of Experimental Biology, Section of Hygiene, University of Cagliari. Published on: “Science and Technology against Microbial Pathogens”

 

Sanificazione ambientale con sistema di erogazione automatizzata di Perossido di Idrogeno e Ioni di Argento. Manuela Billi, Manuela Panico, Luca Marzola, Grata Roncarati, Alessia Frabetti, Gianpiero Ucchino, Patrizia Farruggia. Programma Avanzato XII Conferenza Nazionale di Sanità Pubblica 2011 (SITI)

 

Martin N.L., Bass P., Liss S.N. (2015), Antibacterial Properties and Mechanism of Activity of a Novel Silver-Stabilized Hydrogen Peroxide. PLoS ONE 10(7): e0131345. doi:10.1371/journal. one.0131345

 

Rami Pedahzur, Ovadia Lev, Badri Fatta  and Hillel I. Shuval , the interaction of silver ions and hydrogen peroxide in the inactivation of  E.Coli , Will. Sci. Ted. Vol 31. No. 5-6. pp. 123-129.1995

 

Davoudi M., Vakili T., Absalan A., Ehrampoush M.H., Ghaneian M.T., (2013) Antibacterial effects of Hydrogen peroxide and silver composition on selected pathogenic enterobacteria. Middle East Journal of Scientific Research, 13 (6). pp. 710-715

 

Finnegan M., Linley E., Denyer S.P. et al. Mode of action of hydrogen peroxide and other oxidizing agents: differences between liquid and gas forms. J Antimicrob Chemother 2010; 65: 2108–15

 

Ezra Linley, Stephen P. Denyer1, Gerald McDonnell, Claire Simons and Jean-Yves Maillard, Use of hydrogen peroxide as a biocide: new consideration of its mechanisms of biocidal action, J. Antimicrob Chemotherapy, 2012